Sempre più lontani, 2019
Respirare
Finalmente la luce è spenta
Il pensiero allagato rallenta
Il buio è il mare schiacciato dalla tempesta
È il silenzio della guerra in testa.
Dal tuo balcone non si vedono neanche le stelle
E chi se ne frega tanto sono sempre quelle
Tanto poi arriva comunque qualcuno a cancellarle
Un sorriso ti costringe a dimenticarle.
E scusa tanto se
Non sopporto le persone
Sicure di
se gli aerei fossero gratis
non ci sarebbe bisogno di niente di più che uno zaino
e un cielo blu
Svegliarsi a mezzogiorno
uscire a camminare
senza motivo
senza pensare
un passo dopo l’altro
senza fretta
respirare
respirare
respirare.
Il confine
Basta tracciar dei trattini sulla cartina e non ci passi più dalla cucina
Se poi vuoi andare all’orto fammi vedere il passaporto
Così amore mio abbiam risolto
Da oggi c’è un bel confine in salotto
Di qua ci sono io e gli specchi
Di là tu, tutti i tuoi trucchi
Certo se poi scoprissimo che ci mancasse qualcosa
Sarebbe un problema andare dall’altra parte
senza farsi notare magari di notte
senza lasciapassare, non si deve sapere.
E poi – un’idea fatale – facciamo di più:
i matti li teniamo di là,
lontano da me, lontano da te
lontano da me, lontano da te.
Siamo il bene
Siamo la ragione
La legge ci tutela, che bella nazione.
Senza farsi notare, magari di notte…
Ma poi una domenica d’agosto riapriamo tutto
Tu porta il vino in cambio di una scopa
Spazza via le catene, amore,
ché non c’è niente da dichiarare.
Un letto di macerie
Così eccoci qui a parlare dei ricordi del mare
Facendo finta che la città
Non sia sul punto di sprofondare
Che tanto ricordare non fa male
Il passato è una storia che ci piace raccontare
Anche il romanzo più disperato
Deve fare i conti col mercato
E ammettilo che è molto meglio amarsi
Su un letto di macerie
Scusa puoi ripetere le ultime parole
Il soffitto è crollato sopra le scale
Il rumore era così piacevole
E la mia attenzione così instabile
Lo sai che per domani sono previste nuvole
L’aria non sarà più così immobile
Incontrarsi alla fermata del tram sarà davvero improbabile
E ammettilo che è molto meglio amarsi
Su un letto di macerie
Non ricordo niente
Non ricordo niente della noia di preadolescente,
del dovere aspettare
il mio babbo al mare
per giocare
Non ricordo niente di quel che ho imparato
Alle scuole superiori
Eppure ero bravo – quello lo ricordo –
i prof lo dicevano al ricevimento.
Non ricordo niente dei viaggi, delle lingue che ho parlato
Delle sere ubriaco, di riuscire a rientrare sempre a casa e di non vomitare.
Non ricordo niente del vestito che portavi quando pioveva fitto
Io ti aspettavo in macchina, sentivo alla radio il posticipo serale e ti vidi arrivare.
Non ricordo niente ma non ho perso la memoria
Mi dico solamente “è passato un po’ di tempo, che ci vuoi fare”
Non ricordo niente di quel che è stato poi il futuro
Venerdì
Lo senti anche tu l’odore del mare
la strada che ti chiama
e che non può aspettare
È come in un acquario
ridere nuotare
perder tempo respirare
darsi da fare
E poi lasciarsi andare
seguire il primo soffio di un pensiero
anche se non ti sembra vero
Ma guarda che esageri
guarda, non è così
non si muore di lunedì
non si muore di lunedì
non si muore ogni lunedì
non si muore ogni lunedì
Ma guarda che esageri
guarda, non è così
domani è già venerdì
domani è già venerdì
La porta alle tue spalle
ti chiama supplicante
ma ormai sei sulle scale
non puoi tornare
Lo senti anche tu l’odore del mare
la strada che ti chiama
e che non può aspettare
Ma guarda che esageri
guarda che non è così
non si muore di lunedì
non si muore di lunedì
non si muore ogni lunedì
non si muore ogni lunedì
Ma guarda che esageri
guarda, non è così
domani è già venerdì
domani è già venerdì
Finale
E guardo anche i cani, le facce dei bambini
Dei vecchi col gelato, dei macellai in agguato.
Gli ombrelloni sulla spiaggia li hanno chiusi già,
Le scuole son riaperte, che traffico ci sarà
Sono pronto
Pronto a tutto
Resto In piedi per te
Che ti aspetto da tanto
E non ho paura
Neanche di questo
Mare autunnale
Vieni con me
Per un nuovo finale
Io non potrei vivere qui
Non sopporterei gli inverni,
Le amanti disperate, le piogge battenti,
I regionali lenti, che vanno solo in posti
Senza residenti.
Sono pronto
Pronto a tutto
Resto In piedi per te
Che ti aspetto da tanto
E non ho paura
Neanche di questo
Mare autunnale
Vieni con me
Per un nuovo finale
Il primo giorno sulla terra, 2013
La metà
Come stai
hai poi davvero chiuso tutto in un cassetto
che non si sa mai
Cambiare idea certe volte è così facile
E come va
Abiti sempre in quell’appartamento lungo e stretto
Pieno di vasi in attesa
Dei tuoi fiori invisibili
Perché l’abitudine ti cambia soltanto a metà
C’è tutto un pezzo di te che non se ne va
Ma lo sai
che ancora aspetto quella notte di vento e di pioggia
che non finiva mai
e tu dicevi con quello che abbiamo
non guariremo mai
ogni estate passerà
e tu non lo saprai
non te ne accorgerai
Perché l’abitudine ti cambia soltanto a metà
C’è tutto un pezzo di te che non se ne va
Grand Hotel Il Castello
Come faceva caldo al Grand Hotel Il Castello
Le quattro stelle non comprendevano
climatizzazione in barba a qualsiasi definizione.
“Tanto la sera fa più fresco, non si deve preoccupare”
Diceva la padrona dalla hall ch’era quella di vent’anni fa.
Sono più tranquillo
Niente che controllo
Tu sei il mio gioiello….
Tu sei il mio gioiello….
Il pensiero non riusciva comunque a divagarsi
dietro questi innumerevoli e stupidi discorsi
Discorsi…
Di tutto il circondario era il fiore all’occhiello.
Mi sentivo soffocare nei lunghi corridoi
“Sette piani deserti e affollati dai fantasmi dell’appennino”
Diceva la ragazza in vacanza che vent’anni ha.
Sono più tranquillo
Niente che controllo
Tu sei il mio gioiello…
Tu sei il mio gioiello…
Tu sei il mio gioiello…
Ritornello
Quante volte
c’ho provato
quante ancora non lo so
quante volte non mi accorgerò
che tutto è sbagliato
tutto è rotto e rincollato
Quante volte ancora proverò
a far finta che il passato
sia passato e ripassato
senza dire tornerò
Così adesso
puoi provare
puoi mandarti a lavorare
puoi tornare ad aspettare
Poi parlare
senza dire
per il gusto di riempire
ogni istante che verrà
Rimandare la partenza
conservare la pazienza
in attesa del bel giorno che sarà
Che sarà sono sicuro
l’avvenire il futuro
e l’applauso che poi seguirà
Così fermo
nella stanza
accarezzo l’impazienza
fermo la foto che cadrà
Sarà il
solito decoro
la fatica il lavoro
senza mai il tempo per me
ma lo so che non è vero
che il mio tempo è tutto intero
è abbastanza anche per te
è abbastanza anche per te
è abbastanza anche per te
è abbastanza anche per te?
Granularia
Il cammino sul sale
mi porta nel mare
l’estate cala già lontano
è solo il ricordo di un gabbiano che vola via.
Le sedie di plastica
attorno tavoli di pesce
ai posti migliori
i pesci grossi si godono il vento.
Fiori e pini,
la sporcizia del litorale:
Tutto si confonde nel pulviscolo serale
Che riunisce anche le nostre parole,
Si dissolvono antiche paure.
Cerchi concentrici sono le strade,
e ancora sassi gettati alle onde
e infine solo un punto rimane.
Niente
Una sera m’hai detto
“Il silenzio mi fa santa
e il buio della notte
s’intona ai miei occhi”.
Ma poi è arrivata la pioggia
e non c’è stato più niente di sicuro
neanche un cane per la strada
o un lampione addormentato su un muro
E la radio dei vicini,
i piatti freddi
tua madre e i suoi duemila assassini
E alla fine il tuo letto galleggiante ha mollato gli ormeggi
non l’hai più trovato
di ritorno dai tuoi viaggi
E non c’è niente che non riesca a dimenticare
Non c’è niente che non riesca a dimenticare
Niente di niente niente di niente niente di niente
niente di niente di niente di niente di niente…
A un certo punto sei sparita
E m’hai scritto da molto lontano
“Finalmente sono impazzita
devo stare attenta parlare piano
la mia voce perde da tutte le parti
lo dicevi anche tu
‘Devi rassegnarti’.
Così adesso vivo in soffitta
Non c’è nessuno che mi aspetta
soltanto carta e una matita rotta
così i pensieri scappano dalla mente
e quando penso non penso a niente”
Roma
Dormi pure tranquillo,
non ti cercheremo.
Il capotreno ci annuncia che
è sempre là nella carrozza tre.
Un bell’orologio e un bell’anello
Parlano tra loro
Mentre quei ragazzi
Tornano dal salone della moto, dell’amore.
Roma da lontano,
Roma da lontano,
da lontano,
da Milano
Lavori solo di pomeriggio
E ti affacci su ventuno binari
E i tifosi in trasferta
Ci svegliano con le loro urla.
Zigzagare
Tra la potenza domenicale
Che ti dà il finto novembre.
Dal ponte vediamo galleggiare
…palloni e bottiglie…
“Non ho più sigarette, mi dispiace”
Agro romano nord
Agro romano nord
Agro romano nord
Agro romano nord
Una vettura più nuova
Avvolge me
E i miei sms internazionali
Segno e cura dei miei mali
Brandelli di sicurezza
Disegnano il percorso
Con forza e arrendevolezza
Intorno Piazza Navona
Roma, mi allontano.
Roma, mi allontano.
Roma, mi allontano.
Roma, mi allontano.
Elliott
“Dai tirati in piedi che c’è l’alba da vedere”
il sole non aspetta non ha tempo da sprecare
non ha neanche un momento per pensare
com’è facile in fondo senza accorgersene poi lasciarsi andare”
Cammino a piedi nudi
sopra il ghiaccio colorato
fuori dalla porta muoio subito accecato
o annegato nel silenzio soffocato dalla nebbia a fondo valle
che mi dice che i misteri non son tutti nelle stelle
E non lo so quando è stato
che ho sbagliato
il sentiero si è sdoppiato
all’arrivo tu non c’eri
E non t’ho più trovato
Poi la mattinata scivolata addormentata
sopra il prato a fare niente
a far finta di essere soli
a giocare coi pensieri qualche ora
immaginare di scappare,
scomparire senza dire una parola
Ma tu cosa pensavi,
quale nuvola guardavi
aspettavi il temporaleo soltanto immaginavi
il silenzio infinito stare zitto per cent’anni
e lasciarci tutti quanti su una corda
a gocciolare come i panni
E non lo so quando è stato
che ho sbagliato
il sentiero si è sdoppiato
all’arrivo tu non c’eri
E non t’ho più trovato
Aspettare il mattino
L’altra sera quando sono venuto da te
ho bussato così forte
che il muro tremava
il vicino spiava
Mi guardava strisciare
sul passato che non passa
sul presente che non prendo
sul futuro che mi arrendo
Che poi alla fine è solo una questione di tempo
per tornare a dimenticare
di pensare
di essere contento
Che comunque bisogna campare
riempirsi la bocca e i pensieri
appoggiare il veleno sul comodino
e aspettare il mattino
aspettare il mattino…
aspettare il mattino…
Il sole che ti dice che un altro giorno è davanti alla porta
E una pacca sulle spalle che la vita è così corta
Metti in fila tutti i mattini
le facce dentro i finestrini
il barista il suo caffè
le sigarette, la nausea delle tre.
E il cervello è sempre più asciutto
il cervello è sempre più asciutto
il cervello è sempre più asciutto
E alla fine spacchi tutto.
La notte
La testa china sui pedali
mentre il vento sbatte tra i canali
E Polizia per le strade
E macchine velocissime.
Che paura, la notte!
Che paura, la notte!
Che paura, la notte!
Che paura, la notte!
Dal ponte l’appeso si dondola,
c’è già chi lo salverà
Tradito è l’amico,
il buio è freddo,
nera l’acqua
che lava il viso
Che paura, la notte!
Che paura, la notte!
Che paura, la notte!
Che paura, la notte!
Finalmente io ti vedo,
parole che vanno
Molecole precipitano,
di testa si tuffano
Cascate che saltano,
i tuoi argini che cedono
Fuori a fumare, a bere un bicchiere
Fuori lo specchio, noi possiamo immaginare
Questa è la notte dove tutto è permesso,
dove le mani si muovono spesso
Attaccano e staccano
il tempo che vuoi
e il tempo che io non do
Il primo giorno sulla terra
Cammino per la strada
Inganno il tempo ma non frego il freddo
Sono appena atterrato
Vedo le squadre speciali dei vigili urbani
Qualcuno ha divelto un palo.
Ho un po’ di paura e molto stupore
Ho un po’ di paura e molto stupore
E anche il lavoro
Non è più lo stesso:
La bionda alla reception,
Le battute tue sul calcio
Sono tutte ricoperte
Da una polvere lunare.
Ripenso ai miei nonni
Alle case popolari
Si affacciavano di sera
Per guardare dai balconi
Lo spettacolo muto
Dell’oceano Pacifico, pacifico.
La mia tuta spaziale
Tutta sporca di merda
Durante il viaggio
Ho avuto il timore
Di non riuscire ad arrivare
Di non poterti mai vedere
Di nuovo è la sera,
la sera nuova del mio primo giorno sulla terra.
Non mi scorderò mai la faccia della terra dalla luna
quando viene sera,
la sera nuova del mio primo giorno sulla terra:
non mi scorderò mai la faccia della terra dalla luna,
dalla luna, dalla luna…
Dopo il tramonto
Il sole precipita nel mare
senza dire una parola, senza fiatare
vuole credersi più forte perché sta zitto e non c’è niente che gli fa male
Ma nel buio della stanza non ci credo
che non lascia liberi i pensieri di annegare
e di vedere com’è facile immaginarsi piccolo e sincero, rompere il culo al cavaliere nero
E poi una lacrima gli cade sul cuscino
gli bagna i pensieri li richiama dal camino
che è tardi, bisogna prepararsi tutti in fila per il mattino
Kozminski, 2009
Matera (o le sue paure)
Rosso pastello, celeste compatto
Su case di pietra, su intonaci bianchi bianchi bianchi
Su terre di luna bruciate dal vento
Alla radio ci danno un pugno di sabbia.
Matera o le sue paure
Oggi sono la stessa cosa
Matera, la curiosità di te
Qui è un’altra, un’altra cosa
Bianco accecante tra le cisterne
Per l’acqua piovana dietro la chiesa, chiesa chiesa
Giallo acceso e odore di fuoco
Carni alla brace per le narici
Matera o le sue paure
Oggi sono la stessa cosa
Così
Come un ladro che non sa che cosa fare
come un prete che non sa più cosa farsi rubare
Così così
Come un ritaglio di giornale perso in mezzo al temporale
come l’acqua dei pensieri che non sa dove scappare
Così così
Che poi l’hai detto anche tu quando ci siamo rivisti
molto meglio impazzire che non riuscire a capirsi
Così così
Così ti ho preso in parola anche se tu eri muta ho regalato ogni cosa alla prima sconosciuta
Così così
vi lascio qui e parto parto così
Come un insetto senza ali sta imparando a volare
come la polvere che balla e non si riesce a fermare
Così così
e il temporale ti sorprende mentre nuoti in mezzo al mare
e non sapere se tornare o continuare e rischiare
Così così
E c’ho provato a scappare ma non è mai sufficiente
ogni volta ti ritrovi un passo indietro da niente
Così così
e non c’è niente da fare è più forte di noi
non ti resta che invecchiare ripetendo prima o poi
Così così
vi lascio qui e parto parto così
Lettera dall’Etna
Cara, è necessario
scrivere, rileggere, centellinare le parole.
Nere come questa terra.
E’ tutto chiaro: la ragione e il sentimento.
E via dicendo.
Una canzone, un’immagine, una parola,
un silenzio, una data, un numero oppure un’ora.
E il mio punto si scioglie all’improvviso, ridiventa fluido caldo
e la lava va, la lava va, la lava va verso valle.
Gli alberi non sono solo alberi
da una parte all’altra della barricata.
L’amore è un Etna che non può tenere tutto dentro,
in virtù del solo fatto di non lasciarsi andare o del rispettare le case circostanti.
La fine è incomprensibile.
Il cane
Non continuare a dire che tutto va bene
Perché ogni cosa in fondo ha un prezzo che conviene
Non continuare a dire che tutto è immobile
che ogni rabbia in fondo è solubile
Certe volte sono lì a camminare, tutto è normale
perché nessuno in fondo sta così male
Certe volte invece poi mi sembra di essere di un cane
mille possibilità per scappare e invece rimane.
Milano
Come fai a chiamarla città
Ogni volta ci perdi il sonno
ti chiedi cosa sia una città
“Persone che si muovono tra le parole”
Che poi parole non sono mai
Che poi parole non sono mai
Le case con i mostri sopra i portoni
le finestre che si nascondono
E poi c’è il mistero dei fili
Dove vanno da dove vengono
Che poi andare non vanno mai
Che poi andare non vanno mai
Ma non mi voglio accontentare
la luna in piazza Bausan ha parlato
Ha detto pensa ai parchi di notte
agli alberi muti al silenzio delle fontane
E la domanda è ancora chi comanda
se qualcuno si sta mangiando la città
Se anche lui lo sa che qui si affonda
Che si muore in questa umidità
Che poi morire non si muore mai
Che poi morire non si muore mai
Alla fine c’è l’illusione dei quartieri
Quelli vivi dei vicini innamorati
Quelli freddi dei palazzi tutti interi
E i più belli dove si sente suonare
Che poi suonare non si suona mai
Che poi suonare non si suona mai
Ma non mi riesco a concentrare
la luna in piazza Bausan ha parlato
Ha detto pensa ai parchi di notte
agli alberi muti al silenzio delle fontane
Il sole delle otto
Dalla finestra entra il sole delle otto
Vai in bagno hai il naso rotto
Sulle mani sangue e lividi
Pensi a ieri sera: hai i brividi
Eri al bar, la solita gente
Birra sorrisi il solito niente
Entra lei con i suoi amici
Pensi, sogni, ma poi non dici
Si avvicina a un tavolino
Il barista fa un inchino
Hai deciso, ti fai sotto
“Questa volta dico tutto”.
Un martini, ti avvicini
Un sorriso, poi cammini
Ma che cazzo!
Cos’è stato?
Stai cadendo,
sei inciampato.
La mia faccia sullo spigolo
Il mio naso si apre ad angolo
Piove sangue sul suo seno
E lei grida senza freno
Voglio dire “mi dispiace Io ti amo senza pace”
Ma lei grida troppo forte
“Pazzo! Sangue! Sangue! Morte! Oh Morte!”
E poi scoppia un gran casino
Sono steso al pavimento
Sento un tacco dentro al mento
Vola anche un tramezzino
“Aiutate l’aggredita!”
Mi cammina sulle dita
“È sotto choc, impazzita”
Lo sgabello sulla vita
Poi arriva l’ambulanza
Resto solo nella stanza
Portan via la mia bella
Mi raccolgo le budella
Moribondo m’incammino
Mentre arranco dentro al buio
Penso al suo e al mio destino
Lei che grida, io muoio, io muoio
Lei cullata dalla gente
Io sconfitto, senza niente
Là isteria collettiva
Qui una rabbia istintiva
Estate
E’ il rumore della frutta
che si agita nel piatto
mentre tutto il vicinato sta cercando
di buttarsi dal tetto
E non sai dove guardare
se rimetterti a dormire
o provare a pensare
se si muore
per un poco di rumore
Metti un piede sul tappeto
fuori piove olio e aceto
i banchetti del mercato stan facendo
marcia indietro
Ti avvicini a una tazzina
le domandi se è mattina
ti risponde che è già sera,
il pomeriggio si avvicina
Sono fuori dalla porta sulla strada
c’è una torta l’hanno uccisa nella notte,
l’han mangiata ch’era già morta
Ne raccolgo un pezzettino
chiedo a lui se è già mattino
mi risponde “Il sole è alto…
dentro al bar dell’assassino”
Seguo un’ombra in bicicletta
ma la perdo giù in piazzetta
c’è un vecchietto a petto nudo,
prende a pugni una maglietta
Poi mi appoggio a una panchina
c’è un cestino che cammina
sta cercando di raggiungere una lattina
C’è una radio che straparla
sta gridano di arrestarla
la città è affogata
non si riesce più a fermarla
Chiedo a un pino se sia vero
se sia tutto così nero
mi risponde il marciapiede sostenendo
che sia colpa del pensiero
Così torni dentro casa
ricominci dall’attesa
di vedere il pavimento,
soffocato, che riposa
Ti sdrai sul divano
il soffitto ride piano
chiudi gli occhi, li riapri:
tutto è già lontano.
Bausan, 2007
Luce (Il cinese)
Il cinese dai denti d’argento
Labbra sudate che mordono
La voglia di cose comuni
(E i messaggi dalle pubblicità)
L’opposto di turisti milanesi
Il pasto è buono e nutriente
È un economico sfoggio di coraggio
Le mappe degli autobus di notte
Capezzoli dritti dalle magliette…
Capezzoli dietro le magliette…
Lo studio dopo l’esperienza
L’esperienza del tuo carrozziere
Non portare l’orologio
(Non lo porti?
Non lo portare!)
Gli orari dei treni nella notte
Capezzoli dietro le magliette…
Capezzoli dritti dalle magliette…
Lo spazio
E’ tanto che non so
che non mi libero
E’ tanto che non c’è
Voglia di correre
Ecco cosa c’è
non so vivere
né sorridere
E non mi piace che…
Quindi che farò
forse proverò
stringersi si può
e mi accontenterò
Ma ora cosa c’è
stai dicendo che
non va bene a te
E non ti piace che…
Modern life is war (un abile alibi)
Faccio il censore delle mie sensazioni
Cosicché tutto rimane al sicuro
Lei non è la prima
L’ultima che fugge da me
Lei invece non la sbrano più
Come conta il quanto
E non conta chi!
Cosicché tutto rimane sicuro
Sì, è stata una buona scopata
Ma tutto ora rientrerà
L’esperimento è solo un abile alibi
Un abile alibi…
Gas Works
Aquiloni volanti
Come i complimenti alle scarpe rosse
Avvolgono la scena.
Qui al Gas Works si sta bene
Si ha quasi l’illusione di stare al mare
Con il ponte in lontananza
Scatto foto.
Dove sei?… dove sei?…
Quattro ragazze con le tette grosse
Fanno le stesse foto
Chiudo gli occhi,
qui al Gas Works
Tira vento,
qui al Gas Works
Lei mi amerebbe,
per sempre
Qui al Gas Works,
un cane si chiama Yogi
Si sta bene,
si sta bene,
si sta bene,
si sta bene!
…love of the loveless…
L’attesa di Teresa
Teresa guarda il suo orologio nuovo
Accende il fuoco si prepara un uovo
Si guarda le mani che non tremano più
Sente i rumori che arrivano da su.
Ha appena deciso di avere un segreto
Ma ci ripensa e il segreto non c’è già più
Prende un po’ di sale, l’olio, l’aceto
E deve ammettere di non sentirsi giù
“Ho fatto quello che c’era da fare.
Non mi pento, non ci penso più.
Mi ha detto ora siete in due devi aspettare.
Ma chi non serve a niente adesso sei tu”
Teresa è seduta a mangiarsi il suo uovo
E ha negli occhi un mondo tutto nuovo
Un mondo grande in cui niente va nel cestino
Un mondo grande tutto per lei
E per il suo bambino.
Teresa guarda correre la lancetta
Si tocca la pancia e pensa che non c’è fretta.
Teresa lì davanti al capo non sa che fare
Lui dice: “Ora siete in due non puoi tornare”
E’ in quel momento che ha deciso
Che era ora di meritarsi il paradiso
Si è fatta spiegare come si fa una bomba
Tra due minuti l’ufficio sarà una tomba
Quella faccia, il telefono, le foto sul muro
Saranno solo un ricordo molto scuro.
Teresa ha finito e si beve un caffè
Non dovrebbe ma ne ha voglia e tant’è
Sta pensando a come sarà il futuro
Se il suo bambino, come lei, sarà un duro.
E già lo vede piegato sui libri di storia
A imparare la strage di Teresa a memoria
Chissà se sarà santa o assassina
Ma non importa la fine è ormai vicina
Suo figlio studierà davvero la storia
La prima bomba da imparare a memoria
Non saprà mai che grazie a lui è stato meglio
Come non saprà mai
Di chi è figlio
Una colata di ghiaccio
Avanti e indietro
Davanti alla colata di ghiaccio
Fissando il momento
Sopra il circolo polare
Dei miei pensieri
Discioltisi un poco
Dalla condivisione
Di una foto,
In una foto